STORIA DELL'AGGUATO A FLORINDA :
1 - LA VITA NORMALE

Citazione di Carlos Castaneda dal Libro
IL DONO DELL'AQUILA

 

Per ordinare presso MACROLIBRARSI Il Dono dell'Aquila, di Carlos Castaneda

 

PER ORDINARE PRESSO MACROLIBRARSI IL LIBRO
IL DONO DELL'AQUILA

 

 

LA MAGICA STORIA DELL'AGGUATO A FLORINDA MATUS: LA VITA NORMALE PRIMA DI INCONTRARE IL MONDO DEGLI SCIAMANI

«Ci sedemmo su un divano di pelle in un piccolo vano al di là del patio. Mi sentivo molto più a mio agio all'interno. Florinda Matus cominciò subito con la storia della sua vita. Mi disse che era nata nel Messico, in una città piuttosto grande, da una famiglia agiata. Poiché era figlia unica, i genitori l'avevano viziata sin da quando era nata. Senza la minima traccia di falsa modestia, Florinda ammise di essere sempre stata consapevole della propria bellezza. Disse che la bellezza è un demonio che cresce e prolifera, se oggetto di ammirazione. Mi assicurò che, senza ombra di dubbio, lei era in grado di dirmi che quel demonio è il più difficile da vincere e che se mi fossi guardato intorno in cerca di persone dotate di bellezza, avrei scorto gli esseri più disgraziati immaginabili. Non volevo discutere con lei, tuttavia provavo un acutissimo desiderio di dirle che era troppo dogmatica. Lei dovette leggermi nel pensiero; mi fece l'occhiolino. «Sono disgraziati, faresti bene a credermi» continuò. «Fa' una prova. Fatti vedere restio a seguire la loro convinzione di essere belli e, per questo, importanti. Vedrai!» Disse che non si sentiva di dare tutta la colpa della propria arroganza ai suoi genitori o a se stessa. Tutti quelli che le erano stati vicini sin dall'infanzia l'avevano fatta sentire importante e unica.»

«A quindici anni,» proseguì «credevo di essere la cosa più importante mai venuta sulla terra. Me lo dicevano tutti, specie gli uomini.» Mi confessò che negli anni dell'adolescenza si era concessa alle attenzioni e all'adulazione di decine e decine di ammiratori. A diciotto anni aveva scelto oculatamente il miglior partito da una schiera di almeno undici seri pretendenti. Aveva sposato Celestino, uomo di mezzi, quindici anni più vecchio di lei. Florìnda descrìsse la vita matrimoniale come un paradiso terrestre. All'enorme cerchia di amici che già aveva, poteva aggiungere ora quelli di Celestino. L'effetto finale era di una perpetua vacanza.»

«Tuttavia la sua felicità durò solo sei mesi, che trascorsero quasi inavvertiti. Tutto finì d'improvviso e brutalmente quando lei contrasse una malattia misteriosa che la rese storpia. Cominciò a gonfiarlesi il piede sinistro, poi la caviglia e il polpaccio. La linea della sua bellissima gamba si rovinò; il gonfiore divenne tale che i tessuti cutanei presero a coprirsi di pustole e a scoppiare. Tutta la gamba dal ginocchio in giù era piena di croste con una secrezione putrescente. Le si indurì la pelle. La malattia fu diagnosticata come elefantiasi. I tentativi di cura dei medici furono inadeguati e dolorosi e si conclusero con una dichiarazione secondo la quale solo in Europa si trovavano centri specialistici tanto progrediti da permettere di poter intraprendere una cura.»

«In capo a tre mesi il paradiso di Florinda era diventato l'inferno in terra. Disperata, preda di gravi sofferenze, voleva morire piuttosto che andare avanti così. Il suo strazio era tanto toccante che un giorno una giovane serva, non riuscendo più a sopportarlo, le confessò di essersi fatta comprare dalla ex amante di Celestino per versare una pozione in quel che lei mangiava — si trattava di un veleno opera di stregoneria. La servetta, piena di contrizione, le promise di portarla da una guaritrice, l'unica in grado di preparare un antidoto al veleno. Florinda sogghignò, pensando al proprio dilemma. Per nascita ed educazione era cattolica praticante e devota. Non credeva né alla stregoneria né alle guaritrici indie, ma il dolore era così intenso e le sue condizioni così preoccupanti che si sentiva disposta a tentare qualunque cosa. Celestino era recisamente contrario. Voleva consegnare la servetta alla polizia. Florinda intercede per lei, non tanto per compassione, quanto per timore che da sola non sarebbe mai riuscita a trovare la guaritrice.» (Carlos Castaneda, Il Dono dell'Aquila, pagg. 272-274)

Continua con la storia: Florinda Matus incontra gli Sciamani

 

 

 

Diritti d'Autore Legge del 22 aprile 1941 n° 633 TESTI - Riguardo i brani delle opere pubblicate nel sito: Art. 70 "il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera per scopi di critica di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera". Quindi se nel realizzare delle pagine web all'interno di un'opera originale l'autore inserisce a scopo di discussione, di critica, di informazione culturale, parti di opere, brevi estratti o citazioni (mai l'opera integrale) menzionando chiaramente il nome dell'autore e la fonte, non incorre in problemi di copyright. In questi casi infatti l'autore delle opere non verrà danneggiato nei suoi diritti anzi potrebbe acquistare più notorietà.

 

 

Torna alla Scheda del libro IL DONO DELL'AQUILA

HOME PAGE CARLOS CASTANEDA

 

 

 

E-mail

DAL LIBRO: Carlos Castaneda, Il Dono dell'Aquila: La storia dell'Agguato a Florinda Matus: la sua vita normale.

 

 

Carlos Castaneda